Giuseppe Gittini – Opera 1° classificata
Alla nostra prima vita
Ci sarà tempo per noi
quando
all’ombra di fronde antiche
perpetueremo il nostro amore.
Vivrà nei nostri cuori
il ricordo di ieri,
di mani strette
in abbracci senza tempo.
Sarà il parto
delle nostre anime completo.
Volerà dai nostri rami
maturo di lacrime tue e mie.
Attenderemo
l’autunno insieme
Con passi lenti
faremo scricchiolare le foglie.
Per noi,
non avremo più parole.
Ciò che sapremo dire
sarà detto dai nostri cuori.
Avremo pensieri
mai più claustrali.
Su ponti mai traversati
sosteremo come fanciulli.
Guarderemo pagliuzze di sole
danzare sull’acqua
nel tramonto incanutito
della nostra prima vita.
E non piangeremo
gli attimi.
Sarà la nostra
solo poesia.
Gianpaolo Ripamonti – Opera 2° classificato
Shoah
Suona, dolce, la campana sul far della sera.
Voce d’una pace finalmente ritrovata
che accompagna, lieta,
queste ultime primavere di resurrezione.
E’ l’inno di vittoria per chi ha sciolto il suo sorriso
negli acri fumi di Dachau.
Anche lì qualcuno suonava.
Note stinte, sulle corde avvizzite
d’un violino desolato,
accompagnando passi stanchi
nel pantano di un lido di speranze scolorite.
Eravamo in tanti,
crocifissi nel legno di baracche,
ossidate dal dolore e dal silenzio.
Senza più luce, senza più sogni.
Eppure, ognuno, carceriere e carcerato,
aveva incastonato nel cuore
la purezza del grembo materno.
Perché un uomo arrivava a tutto questo?
Non c’erano risposte.
Solo silenzio.
Il silenzio di Dio che tesseva, muto,
tra le piaghe della storia
la sua arcana benedizione,
salvando ciò che di integro ci restava:
l’anima,
il suo respiro.
Mario Aliprandi – Opera 3° classificata
Da Trilogia di T (3)
Piccola Ballata per T
T’innamorerò, siamo distanti lo so, diversi è vero, ma riuscirò ad innamorarti.
Per un tuo sguardo, magico come una notte stellata
letale come la coda di uno scorpione. Io.
Io raccoglierò in un cassetto tutti i sorrisi che riuscirò a strapparti, e quando sarà pieno, l’incollerò in un libro di pagine bianche e ne farò per te favole d’amore.
Per i tuoi occhi da bambina stupita, per i dolci segreti della tua nuca
Per i tuoi spiritosi piedi. Io. Io raccoglierò in un cassetto tutti i sorrisi che riuscirò a rubarti e quando lo scorrere del tempo mostrerà le tue fragilità, oscurando la luce sul tuo viso, ne farò crema, crema d’amore con cui ti guarirò.
Ti spalmerò le labbra, quella dispettosa ruga, curerò le tue cinquanta ferite.
Per te che sei le mie ore più corte, che sei le mie ore più lunghe
per quell’idea di te che mi attraversa la mente e che nell’assenza
mi dà quel dolce star male che mi fa stare così bene. Io.
Io raccoglierò in un cassetto di cristallo mille e mille lucciole
le catturerò per te, ne avrò cura, e quando ti perderai nella notte
le librerò al buio ad illuminare il tuo cammino.
E raccoglierò in un cassetto tutto l’amore che settimane così corte
che una vita così breve non mi permetteranno mai di esprimere, e quanto sarà pieno lo spargerò su campi di fiori e ne farò miele, miele d’amore con cui ti nutrirò.
Ti starò sempre vicino, condannato come eco a ripetere il tuo nome mi sentirai nel vento in un controcanto d’amore. Come un mantra indù ripeterò T… T… T…
E mentre osserverò divertito il tuo pensiero razionale
sbarrarmi l’uscio come a difendere un ultimo baluardo. Io.
Io ti starò già scoppiando dentro, e respirando mi respirerai
mi troverai nell’aria come il profumo delle viole a primavera.
Per te che sei il mio “Amor cortese”.
Fur dich, die du meine langweiligen Dienstage einzigartig ausfullst.(ž)
Per te, vuoterò i cento cassetti dove ho chiuso a chiave i miei sogni
li regalerò, li voglio regalare a chi sogni non ha, a chi, perso
tra i viali della fantasia, sta cercando invano la sua te. Io.
Io ho altro da fare, ho una realtà da vivere, da proteggere, da sognare, io ho T.
Guardami, ti prego guardami, sorridimi, perché coi rigori dell’inverno e nel caldo scrigno dei tuoi occhi fuggenti che il sole va a riparare, e se tu non sorridi non c‘è calore, non c‘è vita nella mia vita. Per attimi di te. Io.
21 novembre 2004
(ž) Per te che rendi unici i miei scialbi martedì
Maria Gabriella Meloni – Opera 4° classificata
Leucade
Dal sommo della rupe
spingere lo sguardo
all’estremo orizzonte,
sfiorare con le nere ciglia
i selvaggi marosi
mentre il vento
sferza il volto
e colpisce le narici
l’alito salmastro
mescolato all’acre odore
di antichi cruenti riti…
Congedarsi dalla vita.
Essere già lambita
dalle ombre dell’Erebo,
già avvertire sul piede
la gelida onda d’Acheronte.
Protendersi sull’abisso…
Ritrarsi… Provocare
gli dei… Illudere le Moire
differendo il taglio del filo
cui è legata la vita…
Solitudine, silenzio,
incomunicabilità, indifferenza…
Dileguate la bellezza,
la giovinezza, l’ispirazione,
la passione…
Desolata e arida
come la rupe su cui
ti eri inerpicata.
E laggiù intorbidarsi
del mare, ceruleo, grigio
e bianco, selvaggio
come i denti
di un animale feroce.
Gianluca Mollo – Opera 5° classificato
Carnevale notturno
Un canto d’uccelli
echeggia nella notte,
dolce e triste,
tra i rami del mandorlo
spruzzati d’argento dalla luna.
Placida notte,
oasi silente
ove placare le pene
cullati dalla malinconia,
ripassando le foto ingiallite
dei rimpianti,
per comporre un’illusione,
un sogno d’amore
che più non c‘è.
Ed il vento sibila
tra le stelle pulsanti
e la notte
si fa all’improvviso più tetra,
nello stormire dei rami sferzati
fuggono gli uccelli spaventati
e crollo in ginocchio
al peso di un’angoscia
che m’opprime più del nulla intorno,
chiedendomi chi sono.
E dal cappello tiro fuori
il cinico e l’artista,
il buono e il pessimista,
il vigliacco e l’egoista,
il solitario e l’altruista
e cento maschere ancora
per imbastire nell’argento
d’una notte di luna
il più triste di tutti i carnevali.
Cinzia Nuvoli – Opera 6° classificata
Cuore mio
Cuore mio,
fuggi via
aiutato dal vento
caldo rassicurante
carico di ricordi gonfio di presagi.
Scandisci con magici lenti rintocchi
sentimenti intrecciati
nell’aspro percorrere la vita.
Fogli bruciati, cenere sparsa
frammenti ricomposti di chi non è più,
amara consapevolezza
di una piangente solitudine
di un futuro senza sentiero.
Questo nodo che fu
di antico marinaio
strozza il respiro congela le lacrime
fissa ultime immagini,
scuote l’eco di parole in un deserto di ossa.
Cuore mio,
straordinario straniero
e dunque tu… fuggi via!
Plana nell’aria che ti reclama
avvolto in questo stralcio
di vela immacolata,
rassomiglia alla candida purezza dell’anima,
al battito instancabile delle ali di un uccello.
Cuore mio,
cancella ogni tua traccia,
abbandona nelle nuvole ansime e paure
fluttua finalmente libero nel cielo
sereno,
avvicinati a Dio.
Pietro Catalano – Opera 7° classificato
Venti luglio
Vedo una luce bianca
in fondo al cielo triste,
preludio forse di stella cometa,
immensa come gli occhi lucidi
che illuminavano il tuo viso,
carico di rughe
dei dolori della vita.
Ricordo ancora mani callose,
umili eppur orgogliosi,
che accarezzavano capelli di bimbi
scalzi e della donna
che hai amato per cinquantaquattro anni,
come il primo giorno, ricordi?,
sotto l’albero di fico,
tetto d’una notte stellata
a rimirar sogni dipinti
con cuore di fanciullo.
Quali parole, padre mio,
posso urlare perché la mia voce
ti giunga ancora orfana di dolore,
nonostante ci separi l’infinito!
Smettete di suonare
campane a morto, smettete,
un uomo è andato a cercar gloria,
la terra è bagnata di lacrime di sale,
sapore di nulla.
Caricate i vostri corpi, vivi,
pesanti come sacchi pieni d’ossa,
zuppi del mare
dei ricordi, ultimo dolore
nelle notti di veglia.
Piangete, figli – nude foglie
in balia del vento gelido – piangete,
un uomo è caduto
nel mare delle ombre,
grembo degli avi, nero all’alba.
Isabella Scarpiello – Opera 8° classificata
Lamenti
Ammessa e ammirata
Madre,
se mi guardi da lontano.
Attorno alle vie della dotta città,
i colli si imbrunano in coro
mentre l’Adige si inchina alle stigmate dei tuoi ricordi.
Mamma,
la romantica luna affresca empirei,
ispirata da baci sulle ricciolute chiome
e dai tuoi occhi posati sull’aurora
di uno sopracciglio incolpevole.
Conosco le aiuole e rivedo gli aromi
dove leggesti, giovane, l’indice della mia esistenza.
Pare che il cielo riveli versi divini:
fosti tu a donarmi quei libri!
Mammina
mentre i giorni vanno
io resto ancora spaurita di fronte al tacito volto della notte.
Sposti tu le mie paure?
Il sonno è come un’aquila fosca,
anche ora che il lago accoglie il lamento selvaggio
e il sogno risuona, come oscuro flauto autunnale,
io percepisco immensi altari di bronzo.
Mami
esigua e solitaria osservo,
sotto rami intrecciati, ondeggiare stelle riflesse su frutteti silenti
Cercami tra le maschere!
Ricorda le righe distorte da lacrime
e mani lattee che producevano suoni,
sprofondati negli abissi a specchi.
Madre,
la morte è un ricordo pubblicato e garante
e tu gioia archiviata,
in mezzo ai fogli ingialliti, da ardue emozioni.
Sabrina Porfido – Opera 9° classificato
ìFrammento d’essere
Guardo innanzi a me:
Immerso nel tutto, non vedo che il nulla.
Scorgo casualità di effimere esistenze,
depauperate individualità soccombono:
Al loro cospetto, l’immensità del fato.
Perduto nel sogno, sospiro fuggevole serenità.
Dischiudo gli occhi:
Sensazioni,
si mescolano, si allontanano,
nuovamente si rincorrono.
Come in un anelito di vita,
si anima il pensiero…
Nasce, vive, muore
in un istante solo.
Giacomo Giannone – Opera 10° classificata
Sei una farfalla o petalo di rosa?
Una voce, una voce bambina
al telefono trilla:
“Ciao nonno, ciao… ciao…”
“Buon giorno amore, che fai?”
“Vado all’asilo a giocare”
Vedo il sole alzarsi allora
suoi tuoi monti di creta,
e le margherite fiorite
brillare sul prato di rugiada.
Io sto qui a guardare
l’orizzonte che il mare chiude
in un cerchio velato
di bianco e d’azzurro
Sento la tua voce, mi risuona
nella mente il tuo sfringuellare
e vedo la tua figura allegra
sulla strada ballonzolare.
I tuoi occhi luccicano
la tua bocca sorride,
s‘è schiarita l’aria,
il sole luminoso splende.
“Buon giorno Primavera”
ti tendo le mani,
tu corri lieta leggera,
sei una farfalla o petalo di rosa
che nel blu con gli aquiloni voli?